Il ministero del catechista
Papa Francesco, con il Motu Proprio Antiquum ministerium, istituisce il ministero del catechista. Tutto ciò, insieme all’estensione del lettorato e dell’accolitato (cf. Motu Proprio Spiritus Domini) a tutti i fedeli battezzati, costituisce una importante opportunità per la Chiesa da molteplici punti di vista.
Papa Francesco naturalmente si colloca sulla scia del magistero che lo ha preceduto: il Concilio Vaticano II aveva ridonato ai laici il diritto e dovere di evangelizzare, e in tale orizzonte valorizzava la figura del catechista; si legge nel decreto Ad Gentes: «Degna di lode è anche quella schiera, tanto benemerita dell’opera missionaria tra i pagani, che è costituita dai catechisti, sia uomini che donne. Essi, animati da spirito apostolico e facendo grandi sacrifici, danno un contributo singolare ed insostituibile alla propagazione della fede e della Chiesa» (n. 17).
Paolo VI, inoltre, nel Motu Proprio Ministeria Quaedam, offriva la possibilità alle Conferenze episcopali di istituire alcuni ministeri: «[…] nulla impedisce che le Conferenze Episcopali ne chiedano altri alla Sede Apostolica, se ne giudicheranno, per particolari motivi, la istituzione necessaria o molto utile nella propria regione. Di questo genere sono, ad esempio, gli uffici di Ostiario, di Esorcista e di Catechista».
Papa Francesco si pone appunto in continuità con tutto ciò, offrendo così a tutti i fedeli la possibilità di riscoprire l’importanza e il ruolo del ministero del catechista nella vita della Chiesa.
L’identità del catechista
Dal momento che il catechista è un ministero istituito, coloro che sono chiamati a tale servizio, devono esercitarlo in una chiesa locale in modo stabile, per alcuni anni.
Il ministero del catechista trova il suo fondamento nel sacramento del Battesimo e della Conformazione, in virtù dei quali i cristiani partecipano all’ufficio regale, profetico e sacerdotale di Cristo, «sono testimoni dell’annuncio evangelico con la parola e con l’esempio della vita cristiana» (Direttorio per la Catechesi 2020, n. 110) e «possono essere anche chiamati a cooperare con il Vescovo e con i presbiteri nell’esercizio del ministero della Parola» (CIC c. 759).
È questo l’orizzonte in cui collocare tale ministero, «indispensabile per la crescita della fede» (Direttorio per la Catechesi 2020, n. 110).
Il Motu Proprio mette ben in luce le funzioni del Catechista nella comunità cristiana:
- «esprimere la sua competenza nel servizio pastorale della trasmissione della fede che si sviluppa nelle sue diverse tappe: dal primo annuncio che introduce al kerygma, all’istruzione che rende consapevoli della vita nuova in Cristo e prepara in particolare ai sacramenti dell’iniziazione cristiana, fino alla formazione permanente che consente ad ogni battezzato di essere sempre pronto «a rispondere a chiunque domandi ragione della speranza» (1 Pt 3,15);
- [essere] testimone della fede, maestro e mistagogo, accompagnatore e pedagogo che istruisce a nome della Chiesa» (Antiquum ministerium, 6).
Il discernimento vocazionale
In LG 7 si legge: «Nella struttura del Corpo mistico di Cristo vige una diversità di membri e di uffici. Uno è lo Spirito, il quale per l’utilità della Chiesa distribuisce la varietà dei suoi doni con magnificenza proporzionata alla sua ricchezza e alle necessità dei ministeri».
Questo implica la necessità di un discernimento vocazionale perché si possa riconoscere un carisma e esercitarlo in un ministero. Quindi, non tutti i catechisti e le catechiste potranno accedere a tale ministero, ma solo coloro che alla luce di un discernimento con e da parte del vescovo, riconoscono di essere chiamati a servire la chiesa in questo ministero e di possedere i “requisiti” indispensabili:
– «essere uomo o donna «di profonda fede e maturità umana, che abbiano un’attiva partecipazione alla vita della comunità cristiana, che siano capaci di accoglienza, generosità e vita di comunione fraterna, che ricevano la dovuta formazione biblica, teologica, pastorale e pedagogica per essere comunicatori attenti della verità della fede, e che abbiano già maturato una previa esperienza di catechesi (cfr Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Christus Dominus, 14; CIC can. 231 §1; CCEO can. 409 §1). È richiesto che siano fedeli collaboratori dei presbiteri e dei diaconi, disponibili a esercitare il ministero dove fosse necessario, e animati da vero entusiasmo apostolico» (Antiquum ministerium, n. 8).
Opportunità pastorali
Il fatto che il ministero del catechista sia istituito potrebbe rappresentare una grande opportunità pastorale, da più punti di vista.
Innanzi tutto potrebbe incentivare una profonda revisione del cammino di iniziazione cristiana, nell’ordine dei sacramenti (battesimo, confermazione, eucarestia), nei tempi, nelle modalità; potrebbe portare ad una reale valorizzazione della mistagogia e a un maggior investimento nell’annuncio della fede.
L’istituzione di tale ministero potrebbe avviare seri cammini di formazione per i Catechisti. Nel Motu Proprio si ricorda come questi debbano ricevere una formazione biblica, teologica, pastorale e pedagogica.
Infine, se per accedere al ministero è necessario un serio discernimento con e da parte del vescovo, tale discernimento potrebbe mettere nuovamente in luce la dimensione vocazionale della pastorale.
Sr Elena Massimi